Quando spieghiamo che cosa vuol dire la parola “liturgia”, traduciamo, come è giusto che sia, opera per il popolo e del popolo, spiegando che: se dico del popolo pongo l’accento sulla risposta e accettazione da parte del popolo.
La lliturgia dunque è un dialogo; questo dialogo parte da Dio: Egli fa qualche cosa per il popolo, per l’uomo!
La prima “liturgia” per l’uomo è che Dio l’ha creato e benedetto ed ha creato per lui tutto ciò che lo circonda: Dio ha detto bene delle cose e dell’uomo e tutto esiste!
Nel silenzio primordiale di tutti e all’interno del Mistero di Dio, è risuonata una Parola: essa è il Figlio e per Lui e in vista di Lui sono state fatte tutte le cose, il mondo e anche l’uomo già pensato in Cristo prima della creazione del mondo, dice San Paolo.
Il grembo, per così dire, da cui tutto, è il grande silenzio! Il silenzio di Dio in cui risuona la Parola, anzi, le dieci parole: sia la luce, il sole e la luna, i pesci del mare e gli uccelli del cielo, le piante, gli animali ed infine l’immagine di Dio in cui è il suo soffio: l’uomo nella versione maschile e femminile, insieme.
Nella Bibbia, il silenzio è rotto da Dio stesso! Egli poi torna ed è protagonista tante altre volte: nel silenzio del deserto parla a Mosè dal rovet; nella notte dell’Esodo, quando la notte era a metà del suo corso e il silenzio avvolgeva ogni cosa, l’Onnipotente Parola di Dio si lanciò sulla terra d’Egitto per la liberazione del popolo di Israele; una voce sottile nel silenzio, nel primo libro dei Re, fa sentire al profeta Elia la presenza di Dio; il profeta Sofonia invita: “Fate silenzio, alla presenza del Signore”.
Il silenzio avvolge la casa di Maria di Nazaret e la Notte di Betlemme. Molte volte il Maestro, Gesù, si ritira in luoghi solitari nel silenzio della notte.
Lassù, nella liturgia del cielo, all’apertura del settimo sigillo, cioè dell’ultimo senso delle cose, si fa silenzio per circa mezz’ora.
Nella Chiesa, gli asceti e i monaci fuggono il frastuono per ritirarsi nei deserti o nelle foreste, tra le montagne, nel silenzio.
Quando le parole non bastano più, rimane solo il silenzio per comunicare.
Abbiamo fatto questa sorta di excursus biblico sulla preziosità del silenzio perché ci pare argomento su cui fare un urgente richiamo. Vorremmo infatti trovare il silenzio nelle nostre chiese parrocchiali ma non solo, prima e dopo la preghiera o la celebrazione della messa. Nelle sacrestie, un tempo vi era un cartello con scritto Silentium!
Si deve fare silenzio in sacrestia per prepararsi a celebrare ma anche perché adiacente alla chiesa e si disturba; c’è infatti chi arriva un poco prima per pregare ed è giusto che trovi silenzio.
Appena termonata la messa c’è chi vorrebbe continuare la preghiera e non si deve disturbare. Ma soprattutto il silenzio è segno di rispetto della presenza del Signore. Ogni cosa si può fare e dire fuori, sul sagrato, che è luogo adatto all’accoglienza, al saluto e per aggregare.
Vorremmo davvero che le nostre chiese fossero avvolte nel silenzio come invito alla preghiera all’ascolto, allo stare alla presenza di Dio. Il silenzio è un’azione liturgica, è una componenete importante del rito, uno dei linguaggi più preziosi ed efficaci.
Nella liturgia ci sono spazi ddi silenzio, richiesti e stabiliti, che rendono l’azione bella e sublime, uno spartiro musicale, un’esperienza mistica.
Al mattino, per le lodi, nelle comunità religiose, bisognerebbe venire dal grande silenzio della notte e spezzarlo solo con l’invocazione: “O Dio, vieni a salvarmi”, senza tante parole prima che nono sono mai al pari di quetse. La preghiera nasce dal silenzio come la musica; tutti conosciamo, nei concerti della grande musica, quel silenzio che quasi si può toccare che è un misto di attesa in cui si trattiene persino il respiro come quando sta per accadere qualche cosa, immediatamente prima che il direttore sul podio dia il via all’orchestra, Esso è rotto dall’epiclesi per la preghiera.
Nella messa c’è il silenzio prescritto como dopo l’invito “Pregiamo!” nelle orazioni; dopo l’ascolto della Parola e l’omelia, dopo la comunione.
Tutti siamo oggi divenuto un poco trascurati e incapaci di silenzio.
Un parlare sapiente nasce dopo aver molto ascoltato nel silenzio. Il silenzio è forse la strada che apre a noi il futuro, afferma lo scrittore Massimo Camisasca in un recente libro “Dentro le cose, verso il mistero”, dove dedica un bellissimo capitolo al silenzio.
Allarghiamo gli orizzinti del silenzio, diventeremo capaci di infinito.
Silenzio nelle chiese, in quella visitata da turisti una lieve musica di buoni autori, potrà far gustare meglio anche la bellezza artistica di esse.
Aggiungiamo poi una sorta di corollario: vorremmo dire ai nostri fratelli presbiteri di non abituarsi mai a celebrare l’Eucarestia e i Sacramneti, Se celebrano ogni mattina anche per un piccolo sparuto gruppo di persone, più o meno anziane, sia per loro sempre nuova; preparino le letture, una breve omelia che faccia sussultare il cuore di gioia e di compunzione, ogni giorno; invitino i fedeli alla preghiera universale, consacrino il pane ogni giorno, diano la comunione sotto le specie del pane e del vino… E’ così che educano di fatto un gruppo per la domenica, per la festa, ogni giorno. Sarà un gruppo piccolo che aiuterà gli altri nella partecipazione e la messa di ogni mattina sarà un’ora benedetta, pensata e desiderata, attesa per tutto un altro lungo giorno e per tutta una notte.
Da “La vita in Cristo e nella Chiesa”, Ottobre 2012