domenica 17 marzo 2013

Celebrare con arte – Il coro celebra con arte


Il servizio che il coro rende nella liturgia è prezioso e, al tempo stesso, delicato. Infatti, richiede un grande equilibrio per non cadere negli eccessi opposti che lo rendono:
  • da un lato un protagonista esagerato che va ben oltre il suo compito non rispettando la natura della liturgia;
  • da un altro lato un elemento quasi insignificante che rimane al di sotto delle sue potenzialità ministeriali e/o musicali.

“Il coro celebra con arte”, poiché ci riferiamo a un coro liturgico, allora il termine “arte” è da precisare meglio. Non basta, infatti, il criterio del bello, della proprietà estetica che l’opera ritenuta artistica possiede, poiché la destinazione liturgica richiede altre qualità. Nel caso specifico del servizio di un coro per la liturgia cristiana è necessario perseguire i seguenti obiettivi:

1.       la pertinenza liturgica dei canti che si eseguono;
2.       la qualità dei canti, sia testuale che musicale;
3.       la qualità dell’esecuzione.

Il coro celebra con arte quando è anzitutto consapevole che queste tre condizioni sono importanti e necessarie, poi quando si pone concretamente in cammino, cioè in un percorso di formazione, per attuarle sempre meglio.

Con franchezza non ci nascondiamo che talvolta queste attenzioni non sono prese nella giusta considerazione e ci si accontenta di una solennità equivocamente scambiata con la sontuosità esecutiva. Il concetto di “solennità” in riferimento al servizio musicale nella liturgia è indicato con chiarezza dall’istruzione Musicam Sacram del 1967: “Si tenga presente che la vera solennità di un’azione liturgica dipende non tanto dalla forma più ricca del canto e dall’apparato più fastoso delle cerimonie, quanto piuttosto dal modo degno e religioso della celebrazione, che tiene conto dell’integrità liturgica, dell’esecuzione cioè di tutte le sue parti, secondo la loro natura. La forma più ricca del canto e l’apparato più fastoso delle cerimonie sono sì qualche volta desiderabili, quando cioè vi sia la possibilità di fare ciò nel modo dovuto; sarebbero tuttavia contrari alla vera solennità dell’azione liturgica se portassero ad omettere qualche elemento, a mutarla o a compierla in modo indebito” (n.11).

Non basta quindi “La forma più ricca del canto e l’apparato più fastoso delle cerimonie” per ottenere la vera solennità; è indispensabile che ogni elemento musicale e canoro rispetti “l’integrità dell’azione liturgica” e la natura del rito stesso.

Ecco alcuni esempi che rendono ragione di interventi del coro più o meno “solenni”, secondo l’indicazione appena indicata:
  • il Gloria, essendo un inno, non potrà essere che cantato, poiché un inno recitato è una contraddizione in termini ( si pensi a quanto sarebbe grottesco recitare l’inno di Mameli). Il canto del Gloria rispetta allora la natura del rito liturgico, non altrettanto la sua recitazione.
  • L’Alleluia è un’acclamazione corale di tutto il popolo e quindi deve prevedere che almeno una parte possa essere eseguita dall'assemblea  un Alleluia riservato al solo coro sarebbe davvero poco “solenne”.
  • L’Agnello di Dio è la litania che accompagna il gesto della frazione del pane; è una sequenza rituale importante perché prima della comunione, integra due importanti aspetti dell’Eucarestia: la comunione nell’unico pane spezzato e la presenza di Cristo, Agnello del sacrificio. Quando l’Agnello di Dio non è cantato o, peggio ancora, spodestato dall’indebito canto per il segno di pace (che non è contemplato nel rito della Messa e quindi inserito indebitamente), allora non si rispettano l’integrità e la natura del rito liturgico e non vi è vera “solennità”.

Questi esempi mostrano come la precisazione dell’istruzione Musicam Sacram sia quanto mai opportuna. La presenza del coro nelle celebrazioni contribuisce a far vivere la bellezza che caratterizza la liturgia cristiana; del resto i fedeli gradiscono sentire il coro con l’organo e gli altri strumenti o anche partecipare al suo canto per entrare con fede nel clima della festa. Per questo non solo non è improprio cercare la solennità nel canto, anzi ciò è richiesto dalla stessa liturgia, purché si ponga al suo servizio e la valorizzi nel significato che esprime e nei riti che la costituiscono.

Allora “il coro celebra con arte” quando è formato per “celebrare con arte”. Che un coro abbia bisogno di formazione è tanto evidente che non richiede di essere ripresentato: il servizio musicale non si può improvvisare e, infatti, non esiste coro che non si incontri anche più volte alla settimana per le prove. Ma di quale formazione ha bisogno?

La formazione di un coro si sviluppa su diversi ambiti: spirituale, liturgico, musicale. La sfera musicale è posta per ultima non perché sia la meno importante, ma perché non si può ritenere che le altre due siano secondarie e, quindi, da trascurare. Poiché un coro liturgico è costituito da cristiani, il primo ambito di formazione riguarda la fede dei coristi. La preparazione liturgica richiede di conoscere le celebrazioni cristiane e le modalità del servizio del canto. L’ambito musicale, infine, è quello più propriamente tecnico che riguarda la vocalità e la pratica del cantare insieme. La formazione è quindi un tema cruciale.

Da “La vita in Cristo e nella Chiesa”, Dicembre 2012